sabato 24 novembre 2007

il sabato del villaggio

Sveglia alle 10.30, anche troppo presto, tutto considerato.

Sei stordito come se avessi bevuto metà della produzione di Guinnes destinata al mercato italiano.

Ovviamente stai già pensando a quello.

Ogni tanto ti dici “no, è un’illusione, uno dei miei sogni ad occhi aperti, solo che questo è brutto, ora finisce, lo interrompo e passo ad altro”, e sei tentato di tornare allo scaffale dei documenti, per controllare se davvero c’è scritto quel che sai sul foglio del test…

Ti trascini un po’, fai colazione, ti lavi, oggi è sabato quindi niente rasoio, devi andare in tintoria: l’assortimento estivo dei tuoi abiti da ufficio attende da qualche settimana di esalare gli ultimi effluvi di percloro dentro alle buste in cui confinerai ogni abito fino alla prossima primavera.

Ti vesti e prendi l’auto, la tintoria è a una decina di minuti a piedi da casa, ma gli abiti sono un bel po’, e poi piove, madonna come piove, ma guarda come viene giù.

Corsa alla LIDL, sì perché solo lì si trova lo yogurt che mi piace tanto, gli altri hanno dei gusti putridi, o da bambini o di medicinale…

La giornata promette male: il punto vendita ha i bancomat guasti, essendo in periferia non ci sono banche vicine, fa niente, ci sono altri due punti vendita nelle vicinanze.

E poi il pomeriggio, di nuovo a pensare, che è la cosa peggiore.

Ammazzo il tempo sistemando il PC del mio amore, ironia della sorte ha un problema di antivirus…

Alle sei mi decido ad affrontare la realtà: devo andare a casa sua, mi farà la faraona, gliel’ho chiesta io: non so se, dopo le mie parole, cambierà qualcosa tra noi, e quella faraona, fatta con tanto amore e complicità, è una delle cose più dolci della nostra storia.

Sulla strada, sto al telefono con “la signora”, un’amica con qualche anno in più di me, che oramai conosco da una decina di anni, sicuramente un po’ matta, soprattutto perché non s’arrende al fatto che la vita può essere ingiusta talora e, come me, non riesce quasi mai a vedere il lato bello della vita, e sembra campare di rimpianti e rimbrotti. Ma è una cara donna, e mi vuole molto bene, e in questo momento persino sentire quaranta minuti dei suoi problemi mi tira un po’ su.

Ma adesso viene il peggio.

Gli porto il suo PC, facciamo quattro chiacchiere, io ho veramente molta fame, così gli chiedo se possiamo accelerare il sacrifizio della faraona.

Non ho voglia di vedere il TG, il TG mi mette ansia per definizione, così mi metto a cambiare canale subito dopo i titoli, sento i suoi mugugni, ha pure ragione, anche se cambio canale gli eventi restano quelli, ma tant’è.

La faraona era buonissima.

Ci sediamo sul divano, su Italia 1 danno Man In Black.

È l’intervallo tra il primo e il secondo tempo, spengo la TV.

“ti devo dire una cosa”

“cosa?” mi guarda con un po’ di incertezza

“sai, ho fatto il test, quello per la sifilide e per l’HIV, sono positivo, ho l’HIV”

“davvero?”

“sì, ho tanta paura”

“vieni qui”

Ci abbracciamo, mi stringe forte, scoppio in lacrime.

“non volevo che finisse così”

“sciocchino, non è finito nulla non dire così”

Com’è dolce, mi rassicura come se fossi il suo bambino, mi stringe e mi bacia.

“dài, non ti preoccupare, farai le tue cure e vedrai, su”

Continua ad abbracciarmi mentre passa il secondo tempo, poi andiamo a letto.

Era da tanto che non sentivo tanta dolcezza nei suoi abbracci, è veramente bello.

Sono le nove e mezza, ma prendiamo sonno lo stesso, io aiutato da una nuova pastiglia del mio caro antidepressivo.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Bè, qui ho pianto pur'io... ahahahha... :-)

io ha detto...

mi procurerò un secondo lavoro: romanzi d'appendice per le riviste da parrucchiere :-)